lunedì 20 aprile 2009

Crisis di qua, crisis di là, crisis crisis ovunque

"Non pretendiamo che le cose cambino, se facciamo sempre le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progresso. La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, inibisce il proprio talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell'incompetenza. La convenienza delle persone e delle nazioni è di trovare soluzioni e vie d'uscita. Senza crisi non ci sono sfide, e senza sfida la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. E' nella crisi che emerge il meglio di ciascuno, perchè senza crisi ogni vento è una carezza. Parlare della crisi significa incrementarla e non nominarla vuol dire esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi che ci minaccia, cioè la tragedia di non voler lottare per superarla".
Albert Einstein

Grazie al blog Palo Borracho

mercoledì 15 aprile 2009

Ma si può??

Obama e la sua famiglia mi piaciono, mi piace lui come Presidente e le decisioni prese fino adesso... questo non è un post contro di lui o la sua famiglia... e contro il giornalismo che come al solito esagera... eccome!!
IL MICROFONO AL CANE NON SI PUòòòòòòòòòòòòòòòòò
COSA SI ASPETTANO CHE DICA??

martedì 7 aprile 2009

Buono saperlo

Se qualcuno non l'ha letto sul giornale, lo scrivo anche sul blog così, chi passa da qui per caso lo viene a sapere perché è giusto che si sappia.

La Pfizer risarcisce i «bimbi di Le Carré»

Un farmaco, testato in un campo profughi nigeriano, causò 11 morti


I medici della Pfizer erano arrivati con le loro valigette cariche di medicinali nello scassatissimo ospedale per le malattie infettive della città di Kano, nel nord della Nigeria. Era il 1996 e un'epidemia di meningite stava uccidendo migliaia di persone. La loro sembrava una missione umanitaria e quando scelsero di curare 200 bambini malati, i genitori si reputarono fortunati. Non sapevano che i loro figli stavano per sperimentare il Trovan, una nuova medicina che, nelle speranze della casa farmaceutica, sarebbe diventata l'antibiotico a largo spettro del futuro. Ma il farmaco non ebbe l'effetto sperato, tanto che il Trovan oggi non è più in commercio. Undici bambini morirono e altri rimasero sordi, ciechi o con danni permanenti al cervello. Allora il team della Pfizer fece le valigie e se ne andò dimenticando la gente malata che faceva la fila davanti al loro ufficio. Tredici anni dopo quei piccoli hanno ottenuto giustizia.

IL RISARCIMENTO - La Pfizer, qualche giorno fa, ha accettato di versare 75 milioni di dollari (56 milioni di euro) come risarcimento alle autorità locali. Una parte dei soldi (35 milioni di dollari) andrà ai familiari delle vittime e ai bambini rimasti menomati: come l'allora quattordicenne Hajara, diventata sordomuta o come Anas Mohammadu che di notte sogna di fare il soldato ma che a scuola viene soprannominato «sgorbio» perché le sue gambe sembrano fatte di pastafrolla e dalla sua bocca esce di continuo della bava. Altri 30 milioni saranno usati per ristrutturare l'ospedale delle malattie infettive e il resto servirà a coprire le spese legali sostenute dallo Stato di Kano nei vari procedimenti.

DUE AVVOCATI «QUALUNQUE» - A piegare il colosso farmaceutico sono stati due avvocati qualunque: il giovane nigeriano Etigwe Uwo e il divorzista del Connecticut Richard P. Altschuler. Insieme hanno rappresentato gli interessi delle famiglie africane danneggiate in una causa collettiva che non ha precedenti nella storia. Dapprima la Pfizer ha negato con forza ogni accusa. Quei bambini, ha sostenuto, non sono stati danneggiati dalla medicina ma dalla meningite che, in quel periodo, ha ucciso 11mila persone. Ma i genitori sapevano? Il governo nigeriano ha dimostrato di no. «L'esperimento - è stata la conclusione di una commissione di esperti - era illegale e non autorizzato. Un chiaro caso di sfruttamento dell'ignoranza». Nonostante il risarcimento Uwo e Altschuler continueranno la loro causa negli Stati Uniti. La loro tenacia ha ispirato il romanzo di John Le Carré The Constant Gardener. «Paragonata alla realtà - disse poi lo scrittore - la mia storia è banale come una cartolina».

Monica Ricci Sargentini

giovedì 2 aprile 2009

Alcuni sono stati fortunati



A Milano i randagi di Modica

I cani del branco killer in aereo dalla Sicilia per essere adottati. Ci sono anche 10 cuccioli

Dalle spiagge di Modica all’ombra della Madonnina. Sono atterrati questa mattina all’aeroporto di Linate i quattordici cani randagi raccolti dai volontari dell’Oipa (organizzazione internazionale di protezione degli animali). Fino a qualche giorno fa vagavano per i vicoli di Modica e sul lungomare, proprio come il branco di randagi che ha ucciso un bimbo di dieci anni, Giuseppe Brafa. Invece oggi le guardie eco-zoofile dell’associazione li hanno affidati al canile «Il ponticello» di Paullo, dove trascorreranno un periodo di quarantena, prima di poter varcare la soglia delle loro nuove case.
UNA NUOVA FAMIGLIA – Quasi tutti questi randagi, quasi tutti meticci, sono già stati adottati. Uno da una famiglia milanese, un’altra da un ragazzo che vive nell’hinterland. Quattro cuccioletti, invece, andranno a Cremona. Nel gruppo sbarcato oggi a Milano, infatti, c’erano anche dieci cuccioli, quattro dei quali erano stati gettati in un cassonetto. Nei giorni successivi alle brutali aggressioni dei branchi, che hanno portato alla morte di Giuseppe e al ferimento di un altro bimbo di 9 anni e di una turista tedesca di 24, nella zona di Modica e Scicli si era scatenata una sorta di rappresaglia contro i branchi di cani randagi. Molti cacciatori avevano sparato ai cani che vagavano soli per le strade, mentre decine di altri animali erano caduti vittime di polpette di cibo avvelenato. I cuccioli, invece, venivano gettati nella spazzatura. «Da stamattina continuiamo a ricevere telefonate di persone che intendono adottarli – spiega il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto (telefono 02/6427882) – I destinatari, però, saranno scelti dopo una selezione adeguata per evitare che i cani finiscano di nuovo in mano a chi non è in grado di prendersene cura. Escludiamo poi di fare altri trasferimenti dalla Sicilia: occorre risolvere la situazione in loco».

TRAGEDIA – I cani del branco killer del piccolo Giuseppe erano randagi di terza generazione, cioè del tutto inselvatichiti. Ora sono sotto sequestro in due canili del Ragusano. «Uno di loro ha una pallottola nella spalla, un altro, che pesa quasi 80 chili, è ferito alle orecchie e a una zampa. Segno dei maltrattamenti che subivano costantemente all’interno della struttura a cui il comune li aveva affidati» racconta Valentina Raffa dell’Oipa di Ragusa. I cani erano infatti in cura a Virgilio Giglio, oggi indagato per omicidio colposo, insieme a due veterinari dell’Ausl 7 di Ragusa.

ACCUSE – «L’Oipa si unisce al cordoglio per la morte del piccolo Giuseppe – sottolinea Comparotto - ma questa tragedia si poteva evitare se ci fosse stata una maggiore responsabilità da parte delle amministrazioni locali. Sono anni che l’Oipa parla delle inadempienze di molti comuni in Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna che, invece di provvedere alla costruzione di canili comunali, collaborando con le associazioni animaliste come avviene in Lombardia, preferiscono demandare il problema convenzionandosi con strutture, spesso veri e propri canili lager, che hanno come unico scopo il lucro e non il benessere del cane. E sono anni che l’Oipa parla di sterilizzazioni per non far proliferare il fenomeno del randagismo».

IL MODELLO LOMBARDO – In Lombardia il problema è praticamente inesistente, grazie al sistema dell’anagrafe canina, a cui è obbligatorio iscrivere il proprio animale e il microchip che permette di risalire al suo proprietario. Al canile del parco Forlanini di Milano chi desidera adottare un cane di una razza particolarmente impegnativa (come i pitbull, i rottweiler, gli alani) viene sottoposto anche a un colloquio psicologico. «Non tutti sono adatti a tenere certe razze. Un anziano, ad esempio, non dovrebbe mai acquistare un pitbull perché non sarebbe in grado di tenerlo sotto controllo in strada» spiega Comparotto.

Almeno, alcuna volte, l'uomo riesce a rimediare il danno che fa... peccato che una seconda chance al piccolo Giuseppe rientra nei "miracoli".

Ancora???



Forse tenta di stabilire un record questo signore? Vuole entrare nei Guiness?? Boh Ma basta Berlusconi di lasciarci nel ridicolo!!!

Magari!

Magari i governi s'impegnassero allo stesso modo per salvare vite umane!! Magari...

 
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